Il motore dell'hyper adapter urla sotto la spinta dell'acceleratore. E' pomeriggio inoltrato ormai, ed io mi sto dirigendo fuori da Manhattan. La Grande Mela diventa sempre più piccola attraverso lo specchietto retrovisore. Riesco a sorpassare le altre automobili tra lo stupore generale dei Newyorkesi, e mi dirigo verso la Contea dell'Essex, vicino Newark.
Sto pensando ancora agli occhi di Beast Man, e a quel foro di proiettile. Chi ha potuto coglierlo di sorpresa? Se è vero che possedesse un olfatto superumano, come ha fatto a cadere vittima di un agguato? Dovrei chiedere aiuto al Sergente Freeman, ora che il NYPD si occuperà dell'autopsia. Ma come posso? Lynx è ricercato.
Nel silenzio assordante dell'abitacolo dell'hyper adapter penso al Commissario Floss. Perché vuole me? Io non sono l'unico che va in giro con mantello e mascherina, non sono l'unico che dà la caccia ai criminali. Perché proprio me? Che qualcuno l'abbia pagato per eliminarmi dalla piazza?
Comincio a diventare paranoico? Dopo pochi mesi dalla mia entrata in scena. Mi sono allenato tanto solo per perdere la bussola dopo neanche un anno all'attivo?
Parcheggio l'hyper adapter nel cortile di un edificio sperduto tra le campagne appestate dallo smog dell'Essex. Di fronte a me, illuminato dagli ultimi raggi del sole morente, c'è questo edificio fatiscente, ormai abbandonato da quasi vent'anni.
L'Accademia degli Eroi. Qui, negli anni '60, gli eroi dello stato di New York si riunivano per allenamenti, riunioni, feste di Natale. Ma gli eroi degli anni '60 non se li ricorda più nessuno. Osservo per un attimo il bigliettino che ho sottratto al corpo di Beast Man.
Il Valhalla. Bar extradimensionale per Superumani.
Avanzo verso la porta d'ingresso malridotta di questa caserma per supereroi e con un calcio ben piazzato la butto giù. Con la lanterna miniaturizzata contenuta nella Lynx-cintura riesco a fare un po' di luce. Un po' mi aiuta anche il tramonto alle mie spalle.
< Chi sei tu? >, dice una voce alle mie spalle. Mi volto, e vedo emergere dalla penombra del corridoio abbandonato un vecchio ingobbito e dallo sguardo malinconico.
< Mi scusi, signore. Non sapevo che ci fosse ancora qualcuno, qui. >
< Oh, qui ci sono solo io, ormai. Sono il custode. Questo posto non è adatto per gli eroi di oggi, questo è un posto che va visitato sul calar del sole. >
Si prende una pausa, e deglutisce.
< Questi eroi moderni non è che mi piacciano molto, lo sai, giovanotto? Violenti, volgari, assassini e fanatici. Ai miei tempi si usavano gadget ultratecnologici che qualche scienziato tedesco sfuggito dalla Germania nazista preparava per noi. Oggi è solo una gara a chi tiene il fucile più grosso. >
Lo osservo per qualche istante, poi gli mostro il bigliettino.
< Credevo di poter trovare qui informazioni su questo bar extradimensionale. Il Valhalla. Ma dato che lei è qui, può aiutarmi, non crede? >
Con le sue mani raggrinzite afferra il biglietto e se lo studia per un po'.
< Ricordo il Valhalla. Pensavo fosse fallito. E' ancora gestito dall'Uomo Variabile? Avrò avuto circa vent'anni la prima volta che ci ho messo piede. Lo sai, allora mi facevo chiamare lo Sparviero della Mezzanotte. Non ero un superumano, ma un avventuriero in costume, proprio come te. Anche tu usi strani aggeggi e fai affidamento al tuo saldo allenamento acquisito da chissà quale maestro orientale, vero? Ti ci manca solo un sidekick adolescente sessualmente ambiguo. >
< Lei è molto gentile, signore. Ma come posso arrivare al Valhalla? >
< Oh, è semplicissimo. Lo sai, uno della nostra confraternita, lo Stregone Supremo, creò questa sorta di varco nello spazio e nel tempo cui fosse possibile accedere soltanto pronunciando il suo nome.
Non ci ho mai capito molto di fisica quantistica, giovanotto. Tutto quel che io potessi offrire era solo un buon gancio destro. Quel bigliettino mi è nuovo, a dir il vero. Probabilmente quel codice a barre serve ad identificarne il possessore. Non credo che i bodyguard ti lasceranno passare. >
< Ho i miei metodi per passare inosservato, signore. Ricorda l'allenamento ed il maestro orientale? >, gli faccio l'occhiolino, e lui mi sorride di rimando.
< Tu mi piaci, giovanotto. Mi sembra proprio di rivedere me stesso ringiovanito di trent'anni. Ecco, ora ti scrivo su questo cruciverba il nome che devi pronunciare. >
Estrae dalla sua salopette un fogliettino di carta, e ci scrive su un nome.
< Ecco a te. Torna a trovarmi qualche volta. >
Osservo il nome scrittoci sopra, e sorrido, tra me e me.
Pronuncio il nome, e vengo inghiottito da un caleidoscopio di colori e suoni.
Mi ritrovo su una passerella metallica che conduce ad un edificio, una titanica bolla di cristallo sospesa in un universo fatto di luce e silenzio. La passerella è deserta, e due enormi omaccioni completamente nudi che sembrano fuoriusciti da un dipinto dallo stile ellenico mi attendono con le mani incrociate.
< Lynx di Manhattan? >, mi fanno.
< Chi lo vuole sapere? >
<Quello che possiede questo posto, imbecille dal pacco lucido. Sapeva del tuo arrivo. Ha detto che vuole vederti. >, e mi lasciano passare.
Il Valhalla è tutto ciò che ci si potrebbe aspettare da un posto del genere. Superumani in armature scintillanti che sorseggiano drink, droidi che compongono ballate e poemi usando codici binari, creature mitologiche ed angeli che bevono ai banconi fatti di pura luce, Asteroidi viventi grossi quanto automobili che intrattengono conversazioni riguardanti etica e morale con eroi in costume provenienti da pianeti morenti e cresciuti da contadini del Kansas, Dj metà uomini e metà androidi, programmi antropomorfici catapultati fuori dal computer. Tutto questo davanti a me, una sala circolare colorata come un prisma, che alterna tonalità che vanno dal rosso acceso al viola scuro. Una sala a più piani, al cui centro parte una scala a chiocciola che conduce fino alla sommità del locale, dove immagino ci sia l'ufficio del proprietario.
E tutto quel che riesco a pensare adesso è: ma un cazzo di ascensore?
Mi faccio qualcosa come cinque piani a piedi, ma cosa sarà mai quando ho dalla mia un allenamento che fa di me un avventuriero in costume? E a allora, eccomi, all'ultimo piano. Posso quasi toccare la superficie di questa bolla. Ma non sono qui per comportarmi come un adolescente. Mi avvicino alla porta dell'ufficio, ma prima che possa bussare, qualcuno mi dice
< Avanti. >
E la voce è strana. Come se non riuscissi a catalogarne il timbro, come se non riuscissi a capire se sia la voce di un uomo o di una donna, se sia vecchio o giovane, se sia una voce piacevole o terribilmente inquietante.
Faccio il mio ingresso nell'ufficio.
< Ciao, Mangrove. >
L'interno è un semplice ufficio come sarebbe quello di un tipico dirigente di banca. Ambiente asettico, freddo, non come il resto del locale.
< Chi è Mangrove, signore? >
< Ehi, Mangrove. Dai. Non prendermi in giro. Sono l'Uomo Variabile. Adesso ho il potere della preveggenza, ma sento già che sta per lasciarmi. Dobbiamo parlare, Mangrove. >
L'Uomo Variabile. Trench rosso, blu e giallo, volto e mani completamente fasciate, ed un paio di lenti scure a coprirne gli occhi.
< Riguardo Beast Man, Mangrove. Adesso ti levi di dosso quell'aria da Crociato Incappucciato della Notte con tanto di mazza in culo, ti siedi, e discutiamo a quattr'occhi? >
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