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martedì 18 ottobre 2011

Zone di grigio


Solo, il povero negretto,
in un bosco se ne andò:
ad un pino si impiccò,
e nessuno ne restò.

No. Non è andata esattamente così. Mi accorgo di lei prima ancora che mi rivolga parola. La pelle è alabastro, i capelli sono stracci di notte che le incorniciano dolcemente il viso, la bocca è una ciliegia.

<Mangrove Pierce.> 
Qui, al club dei gentiluomini di New York, indosso la maschera delle circostanze, sfoggio il sorriso da porco, le mani si articolano nelle mosse di un esasperato attore shakesperiano un po' ritardato.

<E tu, mia cara, dovresti essere la numero 129 questa settimana.>

Non batte ciglio, e quel sorriso non le si sfila di dosso. Sembra uscita da un film di David Lynch. La cappa di fumo dei sigari dei miei "amici" ci avvolge. Azzardo la seconda mossa.

<Posso sapere cosa induce una bella e giovane donna come te a rivolgere parola ad un vecchio armadio come me? Soprattutto in un luogo così... tremendamente inflazionato, per un corteggiamento.>

<Odio l'arte priva di contenuto. Ero al MoMA poco fa, quindi potrai immaginare. Cercavo qualcosa che potesse attirare meglio la mia attenzione.>

Cerco di sfoggiare la miglior risata strafottente che mi riesca. Mi asciugo persino una lacrima inesistente.

<Oh, signorina. Non so se essere lusingato oppure offeso. Mi hai preferito ad Andy Warhol. E Van Gogh? Non lasciarti fuorviare dalla stramba arte moderna del primo piano! Non hai voluto perderti tra le stella della sua 'Notte Stellata'?>

<Avevo semplicemente voglia di osservare quelle vere, assieme ad una buona compagnia.>

La ragazzina ci sa fare, ha una bella bocca. L'avrà allenata parecchio. Cosa cerca? Il brivido di ritrovarsi avvinghiata con Mangrove Pierce nella foto di un qualunque giornale scandalistico di New York, che mostrerà con orgoglio alle proprie nipoti tra cinquant'anni? Odio le donne prive di contenuto. Accontentiamola. 

Ma prima che possa rispondere lei mi anticipa.

<Ci sono ventidue uomini in questa sala, e più o meno altrettante donne, facenti parti della 'crema' dell' alta borghesia Newyorkese. Ogni uomo è un lupo. Sigaro, abiti di una certa classe, portafogli gonfi come un omino Michelin. Ho notato che sono sempre loro a fare il primo passo, ad inquadrare la preda ed a partire all'attacco. Stanotte la quasi totalità dei lupi porterà nel proprio letto una pecora o due. Tutti hanno fatto la prima mossa. Il lupo Mangrove Pierce si limita a gettare battute di fine humor inglese qui e lì, a bere qualche drink, a scherzare con qualche pecora. Eppure alla fine della serata risale da solo sulla propria Rolls Royce. La cosa strana è che lui non risale sulla propria macchina per incapacità personale. E' considerato uno degli uomini più piacenti da Vogue. E' una scelta personale, dunque?>

Mi sforzo di non cancellare dal mio viso il sorriso da porco. Questa è da tenere d'occhio. Sicuramente. Rido di nuovo.

<Sei proprio un tesoro, mia cara. Davvero divertente. Come hai detto di chiamarti?>

<Non l'ho detto. Mi chiamo Medea.>

<Medea! Che nome paradisiaco! Allora, che ne dici di uscircene un po', da questa cappa opprimente di fumo, e goderci lo spettacolo del cielo stellato?> 

New York, la notte dopo.
A Crime Alley, ovverosia uno dei peggiori ghetti di New York, esiste un locale su cui ci sono strane voci. 'La cantina del gatto nero'. L'uomo che questa notte fa il suo ingresso nel locale è un uomo perbene, di un certo rango sociale, lavoratore, marito e padre esemplare, che cerca goffamente di sembrare l'esatto opposto. Si avvicina al bancone dove viene servita la birra della peggior classe, annacquata spudoratamente, e chiede con la voce tremolante dove, quando ed in che moda possa parlare con Lui.
Lui. Il Sussurratore. Si dice che sia uno dei miglior 'professionisti' di Crime Alley. E' raro che parli, ma solo che... sussurri. Un tipo caratteristico. Il barista dice all'uomo perbene che se un damerino come lui cerca guai, è proprio quello il tipo giusto. Ridendo come se abbia appena sentito la barzelletta del secolo, lo conduce in un ufficio privato lasciando per un istante gli ubriaconi del bar da soli.
E Lui era lì. Al Sussurratore aspetta un lavoro particolare. Il committente è Wallace Sage, ormai da più di un mese al centro di uno scandalo giudiziario che lo vede implicato come il mandante dell'omicidio dei suoi stessi collaboratori aziendali. A confessare e ad accusarlo come mandante un pesce piccolo della criminalità organizzata, killer italo-americano di nome D'Abbraccio. Un caso particolare. Un killer professionista pestato a sangue e con tale violenza fino ad essere costretto a confessare.
Il Sussurratore sorride sotto la maschera di metallo, ed ascolta.

Adesso. 
Il cappuccio e la maschera mi nascondono il viso, i muscoli sono piegati mentre mi sporgo di lato ad osservare il vicolo sotto di me. E' una notte tranquilla. C'è qualcosa che non va. Su questo tetto ci sono due sgabuzzini delle scope e due prese d'aria. Il vento ha cominciato a battere su un quinto oggetto. Mi scanso di lato appena in tempo per evitare l'affondo di una katana. Mi volto. E' lì che mi osserva con quegli occhi vitrei come farebbe un turco affamato con un kebab. La katana è di ottima fattura, forgiata in giappone, ha cinquant'anni circa. L'armatura è coreana. Schivo altri due affondi, mi concentro trattenendo il respiro e facendo scattare il riflesso del tuffatore. Un paio di giravolte mi portano dietro ad uno degli sgabuzzini.
Gli lancio contro un paio di shuriken, ma quel marpione semplicemente li para con quei parapolsi. Non mi sottraggo certo ad un corpo a corpo. Gli corro contro, scivolo lungo la superficie appiccicosa del tetto, lui con un saltello schiva il mio attacco. Mi rialzo, pronto. Miro alle cosce, colpisco le ginocchia e lui si inginocchia dolorante.
Devo disarmarlo ma... era una finta. Per poco non mi asporta il fegato con quella spada. Continua a pressarmi. Non ho mai visto nessuno combattere così. Quanti stili di combattimento conosce? Karate, judo, jeet kune do...
Ho indietreggiato fino al cornicione. Sto per cadere giù...
Un altro fendente. Disperato, gli afferro il braccio e lo spingo di sotto.
Mentre precipita giù non caccia un urlo. Ma lo schianto con il suolo rimbomba in tutto il vicolo.

Mai uccidere. Me l'ero ripromesso. Resto lì per qualche secondo ad osservare la sagoma scompostamente riversa al suolo, poi salto sul cornicione successivo. Il mantello scarlatto  è bagnato dalla luce lunare.
Al mio posto un eroe dei fumetti avrebbe trovato tredici risoluzioni per vincere lo scontro senza ricorrere all'omicidio.

Devo migliorare.

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