Dodici anni fa.
Mangrove Pierce lasciò che la sua mano sinistra scivolasse fra gli alti fili d'erba di Moorish Island.
Chiuse gli occhi e respirò l'odore del mare.
Risalì il sentiero che dalla spiaggia conduceva direttamente alla casa in collina.
Nel crepuscolo incipiente un brivido gli percorse la schiena, come un viscido serpente. Il sole stava cominciando a tuffarsi tra le acque scure dell'oceano, e Mangrove sentì lo stomaco aggrovigliarsi man mano che si avvicinava alla villa. Gli scappò un sorriso amaro. Quella casa era stata costruita secondo i più alti standard di modernità e sicurezza. Era la tipica abitazione che si sarebbe potuta trovare in un quartiere residenziale di New York, non una casa ammuffita da film horror. Eppure...
Il giovane prese un profondo sospiro. La villetta lo chiamava, lo attirava, come un inesorabile buco nero.Gli ampi e moderni corridoi illuminati, e neanche la minima traccia di nascondigli segreti le davano quel tocco inquietante che Mangrove aveva provato la prima volta che aveva varcato la soglia d'ingresso.
Le ombre cominciavano a cavalcare il cielo, e il giovane si ritrovò sotto il portico della villetta. Osservò per qualche istante la porta semiaperta. Nessun rumore proveniva dall'interno buio della casa.
Posò una mano sulla porta d'ingresso e la aprì lentamente. Gli ultimi raggi di luce del sole morente disegnarono una figura contorta sul pavimento in legno dell'abitazione.
Mangrove si diresse in salotto, per dare un ultimo saluto a sua madre. E lì, scompostamente abbandonato su una poltroncina da lettura, attendeva il cadavere di sua madre, con la gola sgozzata e gli occhi vitrei.
Il ragazzo represse un singhiozzo, strinse i denti e posò dolcemente i polpastrelli sugli occhi della madre, chiudendoglieli.
Una lacrima bagnò il tappeto indiano del salotto, e Mangrove, lasciatosela alle spalle, si diresse al piano di sopra. I suoi passi pesanti risuonarono per tutta la casa.
Passò accanto alle altre stanze, chiuse, in cui erano stati riposti gli altri cadaveri. I suoi occhi erano puntati sulla porta in fondo al corridoio, la porta di camera sua. La discesa agli inferi aveva l'aspetto di un ampio corridoio di una villetta estiva. Tutto ciò si sarebbe concluso in quella stanza, lo sapeva bene.
Tra pochi giorni sarà il tuo diciottesimo compleanno, bambino mio. Passeremo il fine settimana in una villetta deliziosa. L'adorerai!
Una volta superata la soglia di quella camera Mangrove osservò con raccapriccio la fune che era stata appesa al soffitto e, sotto di essa, come un boia che attende impassibile un condannato a morte al patibolo, c'era una sedia.
Emise un flebile lamento di dolore. Salì sopra la sedia e, con mani tremanti, si passò la fune intorno al collo.
Silenzio. Interrotto da passi così flebili che non avrebbe mai avvertito se non ci fosse stato quel silenzio innaturale che regnava su tutta la villa.
Alle sue spalle, l'omicida attendeva.
Non siamo geneticamente predisposti per la sconfitta, Mangrove.
Buon compleanno, figliolo. Ora, sei Uomo.
Mangrove Pierce si sfilò la fune dal collo, scese dalla sedia e non tremò più. Serrò i pugni, mentre tuoni scuotevano il cielo. Fuori cominciò a piovere. Al buio di quella stanza, preda e predatore restarono immobili e muti.
Scacco... ora tocca a me.
Mangrove Pierce si voltò e abbandonò la stanza, passando accanto all'omicida che ben si confondeva con le ombre della camera. Scese le scale senza voltarsi indietro. Passo febbrile, occhi dilatati e iniettati di sangue, sudore freddo che gli imperniava i vestiti. La pioggia lo battezzò come Uomo.
Non c'erano imbarcazioni o aeroplani con cui abbandonare l'isola. Mentre osservava il mare agitato e i flutti schiumosi e impazziti che oscuravano il cielo, Mangrove si gettò senza esitazione tra le fredde acque buie dell'oceano.
New York, adesso.
<Quindi fammi capire bene... per te Michael Jackson non s'è rovinato con tutti quegli interventi?>
<Assolutamente. Se fossi un negro, non ci penserei due volte a diventare bianco.>
Una tavola calda qualunque, a New York. Robin Freeman e Clint Creed sono lì, seduti al bancone, a sorseggiare ciascuno una tazza di caffé. Stanno prendendo una pausa dal lavoro di poliziotti, ed intanto discutono di musica pop. Il sergente Freeman si scambia un'occhiata divertita con la giovane cameriera lentigginosa al di là del bancone.
<Mah, per me fa buona musica... è un peccato che si sia ridotto così.>
<Tra qualche anno sbucherà fuori qualche altro soggetto che manderà Jackson dritto nel dimenticatoio, e tutti si saranno scordati del povero negretto picchiato dal padre e desideroso di rivalsa.>
<Cristo, Creed. Ma ce l'hai un cuore?>
<Comporta spese, Freeman.>
La ricetrasmittente di Freeman comincia a gracchiare, con quel rumore inconfondibile che porta solo guai.
<ATTENZIONE. ATTENZIONE. A TUTTE LE UNITA' IN ZONA. CONVERGERE PRESSO...> la voce di donna nomina un indirizzo <Caso apparente di suicidio. Attenzione. Attenzione. A tutte le unità in zona. Convergere presso...>
<Ah, che cazzo. Me la fanno mangiare la mia dannata frittella?>, fa Creed.
<Andiamo. Mi stavo giusto annoiando.>
<Tu non sei normale, Freeman.>
I due agenti abbandonano velocemente la tavola calda e, una volta saliti sulla volante, si dirigono verso l'indirizzo. Sono uomini che conoscono il proprio lavoro, e sono abituati a lasciare a metà una tazza di caffé, o le frittelle sul tavolo per correre sulla scena di un crimine. Freeman nota che l'indirizzo si trova in una zona di lusso, gente perbene. Non di certo un ghetto abbandonato da Dio come Crime Alley o Hell's Gate. Altre volanti della polizia attendono sotto il sontuoso condominio, Freeman e Creed sono pronti a visitare la scena del crimine.
Salgono velocemente le scale, mostrando il distintivo ai colleghi. Ad attenderli c'è il commissario Floss: grasso e tozzo, un bel paio di baffoni, sguardo truce da cane da guardia, sempre pronto a ricordare ai sottoposti che poveri sfigati succhia cazzi siano, e che la goccia di sperma da cui sono nati è quella scivolata sulla chiappa sinistra della madre.
<Commissario.>
<Ah, ma chi abbiamo qui. Robin Freeman. La risposta alla domanda che nessuno ha posto.>
<Ho sentito il messaggio... e sono accorso.>
<Caso di suicidio. Era un certo William Stryker, lavorava presso la Apex Chemical. Un pezzo grosso. E qui abbiamo un grosso e strano caso di suicidio. Il tipo qui non aveva motivo per piantarsi la pistola alla tempia. Cazzo, ce li avessi io i suoi fottuti soldi.>
Freeman abbassa lo sguardo aggrottando la fronte, ed i suoi occhi incrociano quelli del cadavere. Un proiettile ha trapassato la testa di Stryker, ed il cadavere sul letto stringe ancora la pistola nella mano destra.
Il sergente Freeman non fa nulla, aspetta semplicemente che gli uomini della scientifica facciano il proprio lavoro, attendendo in disparte.
Ma succede qualcosa di strano. Il telefono di casa Stryker comincia a trillare, lì, in camera da letto. Freeman, perplesso, si avvicina all'apparecchio ed alza la cornetta.
<Pronto?>
<Sì, ho scoperto la luna. Non s'è trattato di suicidio.> , la voce all'altro capo del telefono è graffiante.
Freeman osserva interdetto la cornetta del telefono.
<Ma chi parla?>
<Mi stia a sentire, sergente Freeman. C'è qualcosa che non quadra, nel suicidio di Stryker. Primo, era un affermato uomo d'affari, fedina penale linda e pulita. Quindi, mancanza di movente. Ma ho una prova più convincente. Stryker era mancino, e la pistola è stretta nella mano destra. L'assassino non è un attento osservatore come me. Sergente, osservi il tavolino in salotto. E' alla sinistra del divano, e la tazza da caffé è rivolta col manico verso sinistra. Le penne e i fogli sono a sinistra del telefono di casa perché rispondeva con la destra e prendeva appunti con la sinistra. In cucina la lama del coltello con cui è stata tagliato il pane è sporca dal lato sinistro. E' altamente improbabile che un mancino si spari alla tempia destra, occorrerebbe un notevole sforzo di contorsione, non crede? L'assassino si è intrufolato all'interno dell'appartamento, ha sparato alla tempia della vittima e gli ha lasciato la pistola tra le mani.>
Freeman resta muto come un pesce per qualche istante.
<Senta... io... io non so chi sia... come ha avuto questo numero? E la scena del crimine? L'ha visitata prima degli agenti di polizia... non so cosa diavolo sta succedendo.>
<Non si preoccupi. Dovrà sforzarsi al minimo. Dovrà solo seguire le mie istruzioni.>
<Ma chi diavolo sei?>
<La Lince.>
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